La donna di vetro

Racconto numero due :)

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  1. Galéh
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    P R E F A Z I O N E:
    Ecco il mio secondo racconto pubblicato su questo forum.
    Odio scrivere in prima persona.
    Lo odio. Non so farlo. Ma dovevo pur cimentarmi per poterci riuscire in qualche modo…
    La dedico sempre a lui. A lui con cui rido, litigo, faccio pace e condivido tutto ciò che di umano ho nell'anima.
    La dedico a chi ha avuto la pazienza di leggerla e dirmi che tutto sommato è un buon lavoro.
    La dedico a me, alla me di qualche tempo fa.
    Ah, e per precisare, anche se sono la protagonista, solitamente non mi figuro così gnocca, tranquilli. Non ho manie di vanità varie.
    Che dire, insomma? Enjoy it!

    La donna di vetro
    Storia di fantasmi che non fanno paura, o quasi…

    «L’uomo è vittima di un ambiente che non tiene conto della sua anima».

    CHARLES BUKOWSKI – “STORIE DI ORDINARIA FOLLIA”



    FANDOM: Originale
    GENERE: Romantico, Drammatico
    RAITING: Giallo, a tratti arancione.
    PAIRING: Presente.
    AVVERTENZE: Qualche scena violenta e un po' "spinta", ma non c'è niente di esplicito. Ricorso di qualche parolaccia ogni tanto.





    Roxanne aveva il nome di una prostituta ed i sentimenti di una bambina, i più umani e limpidi che avessi mai conosciuto.
    Era bella, ma non come le altre, Roxanne aveva quel qualcosa in più che poteva renderti pericolosamente innamorato.
    Aveva capelli neri come la più scura delle notti, lunghi, ondulati come mare in tempesta. I suoi occhi erano grigi come la cenere nel camino quando anche l’ultima fiamma è morta fra i resti dei ceppi consumati, mani chiare con dita affusolate fatte per ammaliare ed accarezzare, un corpo sinuoso e morbido, l’intelligenza viva.
    Tutto in lei parlava d’amore e di sesso, innocenza, di purezza e femminilità.
    Roxanne prometteva il suo amore come eterno, vendeva anima e corpo in cambio d’affetto duraturo, ma le persone a cui regalava se stessa come il più prezioso dei ninnoli erano errate. Roxanne sceglieva sempre le persone sbagliate.
    Amava solo chi avesse bisogno di un pizzico di umanità, chi non ne aveva.
    Lei amava per rendere migliori gli altri. Per renderli felici.

    Roxanne era fatta di vetro.
    Era fragile, la sua anima si scalfiva facilmente, e non sempre le crepe se ne andavano. A tratti era anche andata in frantumi, spargendo i suoi cocci affilati ovunque e ferendole il cuore; ma era bella, un’anima magnifica, come le vetrate colorate di una cattedrale.
    I suoi occhi erano il vetro. Il suo essere era completamente messo a nudo da quelle iridi profonde come un pozzo eppure trasparenti.
    Le labbra di vetro perennemente spaccate dal freddo e dai morsi, chiare e asciutte.
    Tutto questo a Roxanne non importava. Non le importava di rompersi.

    Capitò anche a me di innamorarmi di lei. Era così ingenua – o forse si fingeva tale per non farmi del male in più- che non se ne accorse neanche.
    Allora, come s’intenderà, era già occupata con un altro, il figlio di una disperata famiglia greca, scappata dalla crisi e dalle fiamme di Atene proprio quando la città bruciava. Erano riusciti ad arrivare in Inghilterra con i pochi risparmi rimasti, Alèxandros –questo era il suo nome- crebbe incattivito ed aggressivo, in un paese non suo ed oppresso dalla condizione di chi non è povero, ma c’è molto vicino.
    Roxanne, fu inutile dirlo, iniziò ad amarlo dopo due mesi che stavano insieme.
    Ma, tornando al nostro incontro, fu casuale.
    Mi trasferii in un’altra città dopo la separazione dei miei, e da Londra mi ritrovai a York; con il cambio della città cambiò anche la scuola, ed il mio primo giorno fu quello dell’incontro.
    Capitai nella sua classe, ma la vidi prima, poiché davanti al cancello mi venne addosso correndo. La notai subito, era bellissima, si voltò, alzò una mano, urlò uno «Scusa!» striminzito e riprese a correre.
    Capitai nella sua classe. Non ho mai amato le ragazze così belle, ne erano sempre fin troppo consapevoli, e finivano per ignorare chi non brillava in bellezza –come me-.
    «Mattew Rolands sarà il vostro nuovo compagno da quest’anno.» Sguardi curiosi indagarono sulla mia figura. Lei dal suo posto mi fece un sorriso e un breve cenno di saluto.
    Non parlai di me quando il professore me lo chiese, preferii non dire dei miei genitori che si erano separati –e ciò non mi faceva di certo essere felice-. Andai a posto, al primo banco, solo.
    Durante la ricreazione lei mi venne subito vicino, cosa che mi stupì piacevolmente.
    «Ciao!» esordì così, con un certo entusiasmo. Ricambiai diffidente il saluto. Mi disse che si chiamava Roxanne, allora mi presentai a mia volta.
    «Non hai una così bella storia alle spalle, vero?» chiese. La guardai stranito.
    Tuttavia Roxanne mi ispirava già una certa simpatia ed una strana fiducia.
    «Non tanto.»
    «Tragedie in famiglia?»
    Delineai subito un suo profilo a grandi linee. Ingenua, fin troppo schietta ma priva di malizia alcuna. Risi un po’.
    «Ma no, no! Solo una vita un po’... Troppo movimentata, per i miei gusti.»
    «Eppure hai un viso così bello!»
    Restai un attimo in silenzio. Pensai che mi stesse prendendo in giro.
    «Non sono bello.»
    «Invece a me piaci. Hai un nonsoché di tragico nel volto.»
    La guardai ed era serena e candida: capii che dovevo prenderlo come un complimento. Mi andava a genio; le sorrisi e lei si congedò. Il giorno dopo aspettai con ansia la ricreazione, ma lei, al suono della campanella, volò fra le braccia di Alèxandros.

    In tre o quattro mesi avevo già molti amici, ma la situazione stava precipitando. Roxanne non faceva nulla per farsi odiare e mi innamoravo giorno dopo giorno dei suoi occhi grigi, dei suoi capelli scuri, del suo animo buono. Ogni giorno c’era qualcosa in più.
    Non potendo diventare il suo amante, per non perderla la avvicinai a me in modo che diventasse tristemente la mia migliore amica.
    Quella domenica pomeriggio doveva venire, come consuetudine, a casa mia per studiare. Quando però si presentò sulla soglia di casa, era in lacrime.
    «R-Roxy? Che succede?»
    Scoppiando in singhiozzi si lanciò su di me, in cerca di affetto e conforto. Le accarezzai la testa.
    La accompagnai fino in camera mia, poi la strinsi forte a me, in un abbraccio.
    «Ancora colpa di Alèx?»
    Annuì contro il mio petto.
    Con le mani le presi la testa da dietro la nuca, mentre lei agganciò le sue ai miei polsi. Intrecciai le dita fra i suoi infiniti capelli, tenendola con forza –trovando una certa resistenza- le alzai il viso. Aveva il trucco colato e sparso sulle guance diventate nerastre, il viso intrappolato in quella smorfia di dolore, il labbro gonfio e spaccato ancora sanguinante, e tuttavia era ancora bellissima.
    «Quante volte te lo devo dire che quel coglione ti farà solo soffrire?» le chiesi riempendole una guancia bagnata di baci. Sapeva di sale e cosmetici. Passai alla fronte, poi all’altra guancia.
    I suoi singhiozzi erano deboli ora, ma continuava a stringermi i polsi.
    «Matt, Matt…» ripeteva sussurrando, come una malinconica nenia.
    La baciai poggiando le mie labbra sulle sue, e cominciai a muoverle piano, ma lei non ricambiò; forse era il suo modo gentile per rifiutarmi senza darmi un sonoro ceffone. Rassegnato, ero pronto a interrompermi, quando lei indugiò un attimo e cominciò a rispondere.
    Ah! Le sue bellissime labbra che mi baciavano.
    Sussurravo il suo nome tra un bacio ed un altro.
    Il mio cuore batteva all’impazzata, lo stomaco s’era chiuso. Lei continuava a piangere, sentivo le lacrime calde infrangersi sui nostri baci, ad indicare che non bastava quello a poterla consolare. Tuttavia bastava ad attenuare le sofferenze del mio di cuore, quindi non smisi di stringerla a me e passarle le mani sul corpo morbido.
    Provai ad approfondire il bacio, la mia lingua non trovò resistenza, cominciammo a giocare in un bacio più serio degli altri.
    Vicino al letto, agguantai le coperte e scoprii il materasso. I nostri baci si interruppero momentaneamente là, quando la spinsi piano per farla cadere fra le coperte e mettermi a cavalcioni su di lei.
    Il mio sguardo aspettava un qualsiasi segno di rifiuto, attento, Roxanne fra una lacrima ed un sorriso triste cominciò a sbottonarmi la camicia.
    «Hai sempre un così bel viso.»
    Fu come perdere la coscienza di me. D’un tratto mi ero trasformato in un animale rapace, e mi ero avventato famelico su di lei, bramoso per tutto quel tempo che avevo atteso, già eccitato all’idea di poter stringere il suo corpo.
    Accadde tutto in fretta poi: la spogliai –quasi le strappai quello che aveva addosso- e lei fece lo stesso, ma con una lentezza che crebbe solo la mia voglia, ci coprimmo con le lenzuola e ci baciammo, ci respirammo e ci consumammo a vicenda.
    Facemmo l’amore –o, almeno, da parte mia era amore- per quasi due ore. Poi lei dormì per un’oretta, aveva finalmente il viso un po’ in pace. Con la punta delle dita le carezzai una guancia, felice.
    Abbracciai il suo corpo caldo, dalla pelle liscia e profumata –aveva addosso uno strano odore maschile, misto al suo che invece era buonissimo. Non lo riconobbi come mio, ma lasciai correre-.
    «Ciao… »sussurrai piano non appena aprì gli occhi e mi guardò –mi perforò- con il suo sguardo luminoso.
    Sorrise, e quando Roxanne sorrideva le brillavano sempre gli occhi. Avevo di fronte il più bel quadro della mia vita: la ragazza che amavo, la mia migliore amica, che mi guardava e sorrideva, bellissima, coperta solo dal lenzuolo e con le spalle e braccia nude fuori.
    «Ciao.» rispose lei, quasi miagolando.
    Le passai un dito sul labbro spaccato –un lampo di fastidio le balenò per un attimo sul volto in una smorfia-. «Cosa ti è successo?»
    «Alèx» sussurrò solo.
    «Alèx?»
    «Sì…» sospirò appena, prima di assumere un’aria apparentemente serena, ma di una malinconia e stanchezza nascoste malamente. «Io e lui stamattina abbiamo fatto l’amore.»
    Fu come una stilettata in petto, fra le costole. Cercai di non darlo a vedere. «Ah, ed eri vergine?»
    «No.»
    «Con lui era la prima volta?»
    «No…»
    «E allora perché sei triste? Che problema c’è?»
    Lei sorrise. Era un sorriso così triste che mi si ghiacciò il sangue nelle vene. Provai un moto improvviso di tremendo tedio ed afflizione guardandola.
    Alèx le aveva fatto del male, ogni volta che poteva, ma non capivo il perché. Come si poteva far soffrire un essere così sincero, ed innocente? Quell’idiota avrebbe mai capito chi aveva davanti?
    «In realtà, io non volevo… Ma lui non si è fermato quando mi sono opposta».
    Ci misi pochi secondi ad elaborare quel che disse. Poi fu un lampo e capii.
    «Ti ha violentata?!» quasi urlai –e difatti, di rimando, mi beccai anche un suo «Ssht!» secco-.
    Annuì piano, impaurita, come se potessi giudicarla, o se come anche io potessi farle del male.
    «Roxy, è tremendo!» la scossi piano per le spalle, come per svegliarla da un sogno, come per farle prendere coscienza di quello che era accaduto. «Devi denunciarlo.»
    «No!»
    «Ma sei stupida?! Guarda che ti ha fatto!»
    Premetti forte l’indice sul grosso taglio sanguinolento nel suo labbro.
    Roxanne gemette più per stupore che per reale dolore, ma non demorse. «Non voglio farlo!»
    Era ancora una bambina caratterialmente, una ragazzina testarda.
    «Perché mai?!»
    Aveva ricominciato a piangere.
    «Lo amo, io voglio stare con lui…» singhiozzò a scatti.
    Il mio stato d’animo cambiò da preoccupato ad incredibilmente arrabbiato, non credendo che potesse essere tanto idiota, così alzai una mano per darle uno schiaffo, lei si ritrasse tremando e chiudendo gli occhi.
    «Ti prego Matt…» provò a guardarmi «Non anche te…»
    Vibrai uno schiaffo sul muro, forte, proruppi in un urlo colmo d rabbia e delusione.
    Avevo realizzato di essere appena stato scacciato dal mio angolo di paradiso, proprio poco dopo essermici abituato così da sentirne più il distacco, mi era stato ricordato che dovevo ancora scontare i miei anni al purgatorio e che avevo osato troppo.
    Roxanne non era mia, e non doveva esserlo, mi era vietata.
    L’avevo posseduta quel poco che bastava per farmi l’illusione di poterla avere per me solo; un’ottima, amara lezione per non far commettere due volte lo stesso errore.
    Aprendo la mano per ammirarne lo splendore, tutto quel che avevo afferrato mi scivolò via più facilmente di come l’avessi ottenuto.
    Così balzai fuori dal letto, mi rivestii in silenzio e lei fece lo stesso; sorrideva come se niente fosse accaduto e ciò mi faceva stare solo peggio.
    Le dissi di andare via. Fece finta di non aver capito.
    «Va’ via.» ripetei più deciso; mi guardò con aria interrogativa ed ingenua, mi chiese perché.
    Sbattendo una mano sulla scrivania gridai «VA’ VIA!!» prima di aggiungere un «Per favore…» supplichevole.
    Sulla soglia di casa si girò e mi accarezzò una guancia, con aria abbattuta.
    «Sei… Un ottimo amico, Mattew.»
    Poi si voltò e corse giù per i pratoni, verso la strada. Serbai la sua immagine che si allontanava da me così velocemente.
    Ruggii e piansi.
    Roxanne aveva deciso di uccidermi smantellando ogni fibra del mio cuore con quell’ultima frase.

    Il rientro a scuola, non fu affatto facile.
    Il giorno dopo ero già lì, al primo banco, come se non avessi nulla che mi tormentasse ma in realtà assente come se fossi assorto in chissà quale pensiero e problema.
    Così fu anche martedì.
    Mercoledì, poi, uscii durante la ricreazione per prendere una boccata d’aria e fumarmi una sigaretta, ma la spensi poco dopo per la scena che mi presentò poco lontano da lì: Alèxandros, seduto su un muretto parecchio basso che dava sulla strada sottostante, era intento a fumarsi un drum con una mano, mentre con l’altra teneva stretti i polsi di Roxanne e la teneva costretta a lui come a non volerla far muovere; lei d’altro canto non tentava neanche la benché minima ribellione, cheta. Non si stavano parlando.
    Tutto il mio corpo, ogni mia cellula tendeva verso le loro figura, come se fossero state le calamite ed il fossi il ferro, sentivo che dovevo andare a chiarire una volta per tutte.
    Le membra scattarono come cani tenuti in catene per giorni e poi liberati poco lontani da un pasto.
    Arrivai ed inchiodai di corsa, Alèx mi rivolse subito uno sguardo infastidito ed indifferente
    «Che vuoi, Rolands?»
    Gli risposi assestando un pugno ben serrato sul suo bel faccino da figlio di puttana –e mi sentii meglio.-
    Biascicò un «Bastardo…» dolorosamente sorpreso, mentre lasciava i polsi di Roxy –che li mosse un po’, certamente doloranti- e mollava il drum che cadde a terra ancora fumante.
    Pochi attimi e mi fu letteralmente addosso con la sua presa forte, ma riuscii a sgattaiolare via dalle sue mani. Mi diede una manata in pieno viso –il naso mi cominciò a pulsare e sanguinare-.
    Gli diedi una spinta.
    Si avventò contro di me, lo schivai per un soffio.
    Lo rifece, ma prevedendo quella banalità riuscii a mirare un calcio teso sulle ginocchia e lo presi in pieno su uno.
    Fece grandi balzi per tenersi in equilibrio, trovò un impedimento e barcollò per un attimo, poi cadde giù dal muretto.
    Sotto quel muricciolo la strada procedeva in discesa, Alèxandros si ritrovò a fare un volo di soli due metri, ma cadendo di testa.
    Roxy gridò, io spaventato sgranai gli occhi e scappai via, mentre sempre più persone agitate ed urlanti si radunavano là.
    Non presi nulla ed andai via, uscii dal cancello e corsi lontano, dal lato opposto di dove giaceva Alèx.
    Avevo paura, ed una strana gioia feroce che tentavo di reprimere per non sentirmi un mostro.
    Fu l’ultimo ricordo che serbai di Roxanne, quella sua immagine colma di paura e stupore doloroso.
    Non mi presentai più a scuola.
    Mia madre passò insieme a me veri guai, tanto che, sdegnata fino al midollo –come se quasi lo avessi fatto apposta-, cedette la custodia a mio padre una volta finito il tutto.
    E fu così che me ne tornai alla mia cara, grigia, fumosa e piovigginosa Londra.

    Alèxandros rimase in coma per un mese, poi morì per le ripercussioni della botta e per la noia di quel posto. Voleva certamente raggiungere al più presto l’Inferno, voleva sgranchirsi le gambe in un posto animato.
    Roxanne, invece, crollò.
    Non era fatta per soffrire così, il massimo del dolore che aveva patito era stato quello della rottura di una stori, neanche durata molto.
    Davanti a questa nuova, nera croce, la donna di vetro andò in mille pezzi, senza più lacrime per piangere, senza più un’anima per amare.
    Era esplosa in tanti minuscoli frammenti, schegge che le avevano dilaniato il cuore e lacerato le membra.
    L’avevo buttata giù, l’avevo distrutta, mio malgrado, con una facilità impressionante, e questa volte lei non avrebbe potuto più recuperare i pezzi.
    Decisi di non contattarla più, di perdere ogni tipo di rapporto con lei.
    Per senso di colpa, forse, ma soprattutto per paura di potermi anch’io ferire l’anima con la sua di vetro infranto.



    P O S T F A Z I O N E
    Sì, è finita. Tranquilli.
    Vado decisamente più fiera di questa storia rispetto alla precedente.
    Forse perché Mirror (che, per chi non avesse letto, si trova QUI!) non aveva un inizio, e in concomitanza si rifiutava di finire.
    Invece qua è tutto ben delineato. Ne vado più fiera, sul serio, ma distruggetemi se necessario.

    Edited by Galéh - 6/3/2012, 16:09
     
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  2. ¬Suicune™
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    *Clap clap* Eccelsior!
     
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  3. Dark Weavile
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    bellissima complimenti era lunga ma lo letta fino in fondo ancora bravissima =D
     
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  4. Galéh
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    Wanm, che velocità, siete stati velocissimi! O_O
     
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  5. Dark Weavile
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    vorrei anchio che gli altri fossero veloci a rispondere nei miei post XD
     
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  6. Galéh
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    Oh, ma me lo volete dire che è pieno di errori di battitura? hahaha! Sto rabbrividendo rileggendola, è illegibile!

     
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  7. ¬Suicune™
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    Perché sono stato veloce, non ho visto errori, capivo solo il tema del testo, il corpo.
     
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  8. Galéh
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    Non ho la voglia di modificare ora, qualcuno lo faccia al posto mio D:
     
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  9. Galéh
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    Okay. Modificato.
     
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  10. mightysery98
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    è una storia molto bella e sorprendente,mi piacciono le storie come queste,insomma,imprevedibili e che ti lasciano senza fiato...
    Mi piace molto il tuo modo di scrivere e credo che grazie a te mi torna la voglia di leggere XD.
    Ti prego scrivi ancora perchè leggere le tue storie mi fa sempre piacere! :D ancora complimenti <3
     
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  11.     Like  
     
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    Un bella storia.Non mi aspettavo di trovare grandi scrittori ma appena ho letto...Wow ^_^
     
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  12. TheGamerYoungBoy
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    Quanto ci hai messo da 1 a 10 per scrivere?Comunque sei stata bravissima! ^_^
     
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  13. Galéh
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    CITAZIONE (TheGamerYoungBoy @ 4/3/2012, 21:26) 
    Quanto ci hai messo da 1 a 10 per scrivere?Comunque sei stata bravissima! ^_^

    almeno 15 XD hahahaha! Grazie :)
    Ci ho messo almeno due settimane tra scrittura e revisione. Sono abbastanza fiera, più dell'altro racconto che ho pubblicato sempre qui.


    CITAZIONE (zapdos981 @ 4/3/2012, 20:54) 
    Un bella storia.Non mi aspettavo di trovare grandi scrittori ma appena ho letto...Wow ^_^

    Hahaha, grazie, ma non penso di essere una "grande scrittrice". La giudico una passione, e in quanto tale tento di coltivarla al meglio. Sono nel mondo del writing da più di 6 anni, ma più in quanto beta (che corregge le storie) che in quanto alfa (che scrive)
    Diciamo che questa e Mirror sono stati i primi due esperimenti. E, grazie a voi, mi sento anche abbastanza realizzata (:
     
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  14. TheGamerYoungBoy
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    Io ho messo 6 ore per leggere il tuo racconto!
     
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  15. Galéh
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    Christ! Tantissimo! Hahaha.
    C'è da dire che forse scrivo troppo "complesso" hahaha
     
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33 replies since 2/3/2012, 22:08   341 views
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